Messaggi pericolosi

L’arresto, avvenuto a Parigi il 24 agosto scorso di Pavel Durov creatore, nel 2013, insieme al fratello Nicolaj della piattaforma di messaggistica “Telegram” ha avuto e avrà un impatto a livello globale più ampio del singolo episodio che si è risolto con un fermo di polizia di 96 ore e con la scarcerazione dietro pagamento di una cauzione e l’obbligo di firma. L’arrestato è molto meno noto al grande pubblico rispetto ad altri che operano nello stesso settore molto più esposti mediaticamente come il padrone di “Meta” (FaceBook, Instagram, WhatsUp) e quello di “X”. Secondo i dati che si leggono in Rete l’applicazione “Telegram” viene usata mensilmente da circa 550 (o 900) milioni di persone in tutto il mondo (41 delle quali in Europa) e i suoi gestori prevedono che alla fine di quest’anno gli utenti saranno un miliardo.

L’arresto sembra avvenuto nel contesto di una indagine in corso sulla criminalità organizzata, la diffusione di immagini di abusi sessuali su minori, le frodi e il riciclaggio di denaro, reati per i quali verrebbe usata l’applicazione in questione. La pretestuosità di una motivazione del genere appare più che evidente se si considera che nessuno si è mai sognato di arrestare un Direttore Generale a causa dei reati che vengono commessi usando il servizio postale e tantomeno l’Amministratore delegato di una Società Telefonica per i reati commessi usando le linee che trasportano la voce. Nello specifico settore poi, nonostante i numerosissimi precedenti, nessuno mai ha chiesto l’arresto, almeno non per i reati commessi dagli utenti, dei padroni di social media molto più diffusi di “Telegram”.

Alcune voci sostengono che l’accaduto sia dovuto al fatto che i gestori di “Telegram” non si sono dimostrati abbastanza “collaborativi” rispetto alle richieste fatte dalle autorità francesi, rifiutandosi di fornire informazioni riguardanti gli utilizzatori del programma o di rivelare eventuali sistemi nascosti per intercettarne le comunicazioni. Questa ipotesi ha una sua fondatezza visto che, già in passato, il programma aveva avuto grossi problemi con le autorità russe, il paese di origine dei suoi ideatori, che anche per questa ragione avevano spostato la sede della Società a Dubai. Ma la questione potrebbe essere più complessa in quanto la vicenda è influenzata da una serie di elementi non di scarso rilievo, come dimostra il fatto che subito dopo l’arresto sono arrivati addirittura i commenti del Presidente russo e di quello francese. Proviamo a indicare alcuni degli aspetti che rendono questa faccenda più importante di quello che potrebbe sembrare.

Qualcuno si sarà meravigliato nel leggere la condanna dell’arresto diffusa dal Governo russo, visto che l’applicazione era stata bloccata per un paio d’anni proprio nel territorio della Federazione, ma la cosa diventa più comprensibile se si tiene conto che, secondo alcuni dati, l’80% della popolazione russa, sostenitori del Governo e oppositori compresi, utilizza “Telegram”. In particolare l’applicazione viene usata, paradossalmente ma non troppo, sia dalle truppe che hanno invaso l’Ucraina sia da quelle che la difendono. In questo scenario se il programma venisse bloccato o se fosse reso pubblico che non è un sistema di comunicazione sicuro questo comporterebbe non solo un danno economico per la Società che lo gestisce ma anche un problema di sicurezza che coinvolgerebbe milioni di persone e in uno scenario alquanto delicato.

L’attacco giudiziario a “Telegram” potrebbe essere anche uno dei banchi di prova della politica perseguita a livello europeo che, con il pretesto della lotta alla criminalità, continua a varare provvedimenti che regolamentano la libertà di comunicazione. L’ultimo dei quali, tirato in ballo da alcuni commentatori proprio nel caso in questione, è un guazzabuglio estremamente complicato e pericoloso che riguarda la comunicazione digitale e in particolare quella veicolata dai “social cosi”.

Questa attitudine politica viene perseguita in modo più determinato e ossessivo in alcuni paesi della UE. Uno di questi è proprio la Francia, nonostante si vanti ancora del suo passato di culla della libertà, che da tempo è all’avanguardia in Europa nella implementazione dei più avanzati e vergognosi sistemi di sorveglianza di massa. In occasione delle recenti Olimpiadi il Governo ha autorizzato l’uso, a livello sperimentale e fino a tutto il 2025, della cosiddetta “Videosorveglianza Algoritmica” (VSA). Si tratta di una serie di programmi che vengono ritenuti in grado di analizzare autonomamente le immagini provenienti dalle telecamere di videosorveglianza e di inviare automaticamente, quando il software lo ritiene necessario, avvisi alla polizia.

Il destino di “Telegram” costituirà sicuramente un precedente che, prima o poi, potrebbe interessare altre piattaforme di comunicazione magari più diffuse e famose. E quindi, in definitiva, potrebbe coinvolgere tutte le persone che usano la comunicazione elettronica.

Questi diversi aspetti della vicenda si possono, per semplicità, ricondurre a uno più generale che riguarda da sempre la comunicazione.

Per restare in Italia, ma anche altri paesi hanno norme simili, ricordiamo che l’Articolo 15 della Costituzione recita: “La libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili. La loro limitazione può avvenire soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge.” a corollario ci sono diversi articoli del Codice Penale che prevedono anche il carcere per chi viola questo diritto costituzionale.

Con l’avvento e il prevalere della comunicazione in forma digitale è sorto un grosso problema. Se prima era possibile intercettare in un ufficio postale una lettera destinata a un indagato oggi, che la comunicazione viaggia in formato digitale, la cosa è più complicata. Se poi il contenuto del messaggio è crittografato, vale a dire illeggibile per altri che non siano il destinatario, la cosa da complicata può diventare impossibile. In altre parole i Governi hanno perso, almeno in parte, il potere che fino a ieri avevano di controllare completamente le comunicazioni che si scambiano i loro cittadini. L’inviolabilità della corrispondenza, stabilita dall’articolo della Costituzione citato sopra, oggi è diventata (quasi) realtà e non è più soggetta alle decisioni di un magistrato o a un abuso di polizia. “Telegram”, in parte a torto, viene considerato uno di quei programmi di comunicazione inviolabili da parte delle autorità.

Lo scopo dei Governi è quindi rivolto a riprendere in mano nuovamente il controllo che esercitavano sulla comunicazione su carta e via telefono. Da questa necessità derivano la maggior parte delle norme che si stanno accumulando a tutti i livelli riguardanti la comunicazione tramite computer. La scusa, come sempre in questi casi, è la lotta contro i crimini che vengono considerati dall’opinione pubblica più efferati, non a caso gli abusi sui minori sono sempre in cima agli elenchi e compaiono ovviamente nelle accuse a carico di Durov.

Che la faccenda non riguardi esclusivamente “Telegram” lo dimostrano anche due avvenimenti che si sono succeduti proprio nello stesso arco temporale. Il 26 agosto il padrone di “Meta” ha diffuso una lettera contro l’amministrazione pubblica statunitense che avrebbe tenuto, durante il periodo pandemico, un atteggiamento di tipo censorio rispetto a quello che veniva pubblicato su “FaceBook”. E il 31 agosto la Corte Suprema brasiliana ha chiesto di bloccare l’uso di “X” nel paese in quanto la società proprietaria si è rifiutata di obbedire ad alcune richieste avanzate dalle autorità.

L’obiettivo finale delle autorità non è quindi un segreto e non è quello di impedire lo sviluppo e l’uso di programmi di comunicazione. Lo scopo è quello di permettere il funzionamento esclusivamente di programmi e di sistemi di comunicazione che rendano possibile e facile il controllo delle autorità e di ostacolare (o proibire) quello dei sistemi che lo rendono difficile.

Pepsy

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